Wikipedia:Convenzioni
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Questa è una pagina di lavoro aperta per vedere se si può raggiungere un consenso sulla grafia e sull'uso dei segni diacritici. Viene tenuta in italiano sperando che qualche linguista da fuori regione venga a dare il suo contributo. Credo che in una prima fase sia necessario raccogliere informazioni su quello che è già disponibile. Poi, si potrebbe fare una tabella comparata di tutti i fonemi necessari per i vari dialetti. Può essere utile una visita alla pagina dell'alfabeto fonetico internazionale in italiano o inglese. Tèstaquêdra 18:23, 25 October 2006 (UTC) Aggiungo che sta venendo piuttosto bene...una volta completata, prima di tradurla nei dialetti, ne metteremo una copia in it.wikipedia alla voce "Lingua emiliano-romagnola" :-) Piffy 18:25, 29 October 2006 (UTC)
Testi di riferimento
modificaVernacolo di Reggio Emilia
modificaLa situazione per il reggiano è abbastanza semplice. Esistono solo due vocabolari reggiano-italiano mai dati alle stampe (altri ne esistono alla biblioteca Panizzi di RE nella sezione conservazione, ma sono rimasti a livello di bozza). La prima, e datata, opera è il dizionario reggiano-toscano del G. B. Ferrari[1], ma questo difficilmente può essere usato come riferimento, perché, come rilevato da alcuni autori, non è fedele nella trascrizione e spesso non è coerente nell'accentazione (è d'altronde facile rendersene conto per ispezione diretta). L'opera più recente è il dizionario di L. Ferrari ed L. Serra[2], che invece si sforza di affrontare il problema della grafia in maniera coerente. Nella prefazione si può anche trovare una discussione delle convenzioni precedentemente adottate da alcuni autori vernacolari. Nel dicembre del 2006 è infine uscito il primo vocabolario italiano-reggiano, sempre ad opera di L.Ferrari e L.Serra[3], che contiene circa trenta mila parole ed una ricchissima fraseologia. È a queste due opere che faccio riferimento per il reggiano, pur con qualche piccola proposta di cambiamento.
Alcune considerazioni interessanti, anche se non sempre coerenti, si possono trovare anche nell'ultima raccolta di versi del G. Davoli[4]. Una panoramica molto esaustiva della letteratura vernacolare reggiana si trova nell'opera in più volumi del Bellocchi[5].
Vernacolo di Bologna
modificaPer il Bolognese esistevano, fino a poco tempo fa, solo due dizionari di P. Mainoldi[6][7], ed alcuni altri dizionari risalenti al secolo scorso (della C. Coronedi Berti[8] e di G. Ungarelli[9]), con convenzioni diverse. La situazione si è praticamente risolta nel 1995, quando il famoso fonetista L. Canepari e D. Vitali hanno pubblicato sulla Rivista italiana di dialettologia un articolo descrittivo della fonetica del bolognese, accompagnato da una proposta di riforma ortografica [10]. Questa proposta di riforma ortografica è stata successivamente adottata da D. Vitali e L. Lepri per il loro dizionario tascabile, ora alla seconda edizione[11], ed è la base per le pagine del sît bulgnaiṡ, sito di riferimento per i cultori moderni del dialetto bolognese, al quale questa pagina attinge a piene mani.
Vernacolo di Ferrara
modificaVocabolario di L.Ferri[12] ...
Vernacolo di Modena
modificaLa situazione modenese è decisamente più intricata. Il testo storico per eccellenza risale al XIX secolo, scritto da Ernesto Maranesi e ristampato in copia anastatica. [13]. La grafia utilizzata è certamente precisa, ma non coincide più con il dialetto scritto correntemente. Più recentemente sono stati pubblicati un vocabolario da parte di Attuilio Neri, [14] e, più recente e corposo, il dizionario di Sandro Bellei[15]. Tutti questi testi forniscono delle grafie che possono essere ritenute accettabili, dando la preferenza, a parità di fattori, ai testi più moderni. Nel caso di conflitti sulla grafia si ricorrerà a votazioni e/o a redirect. -- Piffy 16:58, 26 October 2006 (UTC)
Vernacolo di Parma
modificaI vocabolari antichi di C. Malaspina[16] e di C. Pariset[17]. Il vocabolario di G. Capacchi[18] ...
Vernacolo di Piacenza
modificaIl vocabolario di L. Foresti[19] ...
Vernacoli della Romagna
modificaGli antichi dizionari di A. Mattioli[20] e di A. Morri[21]. Quello più recente di G. Quondamatteo[22]. Il vocabolario bidirezionale di L. Ercolani [23] ...
Opere generali
modificaIl dizionario etimologico dialettale di M. Cortellazzo e C. Marcato[24] ha necessariamente affrontato il problema di una grafia unificata per il vasto ed eterogeneo corpo dei termini vernacolari utilizzati. La soluzione proposta è la seguente. L'accento tonico viene normalmente indicato aperto (à, è, ì, ò, ù), ma per e ed o si distingue fra aperto (o intermedio) e chiuso (é, ó); se l'accento non è indicato, si intende che cade sulla penultima sillaba. Un segno orizzontale indica la sillaba lunga, e deve essere combinato con l'opportuno accento per indicare l'apertura, come in ḗ (una e lunga e chiusa), cosa che ne rende difficile l'utilizzo in un navigatore. La vocale nasalizzata è indicata con un segno di tilda (come ã); le dieresi sono usate per indicare vocali turbate (ä, ö, ü), la e evanescente (ë) e la i dieresizzata (ï). Con j si indica la i semivocalica. Le c e g dure in fine di parola sono indicate con (-c, -g), quelle dolci con (-c’, -g’). Le s e z sonore con ṡ e ż rispettivamente, mentre le lettere senza il puntino sovrastante indicano le sorde. Il suono /ʃ/ (la sc italiana) è reso con š, mentre ž rende il suono /ʒ/, come nel francese jour. Un trattino separa due suoni da pronunciarsi separatamente, come s-c per /sʧ/. Altri segni sono usati per indicare le cacuminali e le interdentali dei dialetti meridionali. Gli esempi di pronuncia del dizionario non sono però foneticamente interessanti, perché rispecchiano solo parlate medie artificiali (l'interesse principale del dizionario è l'etimologia).--Tèstaquêdra 13:09, 2 November 2006 (UTC)
Sistemi di scrittura a confronto
modificaQuesta sezione dovrebbe elencare tutti i fonemi presenti nei vari vernacoli, e mostrare come sono stati resi graficamente in alcune opere di riferimento.
Vocali e semivocali
modifica- Osservazioni sparse (specificare bene a quale dialetto ci si riferisce)
- Nei dialetti emiliani, al contrario dell'italiano, la durata della vocale è discriminante, cioè esistono coppie di parole che si distinguono solo per la durata della vocale tonica. Per questo, a mio avviso, sarebbe buona norma indicare sempre la vocale tonica e la sua durata. Quindi, mentre l'italiano standard ha sette vocali (anche se molti ne percepiscono solo cinque), un dialetto emiliano può avere quattordici vocali, ed alcuni anche di più (vocali perturbate, pensate alle umlaut). --Tèstaquêdra 21:12, 25 October 2006
- (ARS) Le vocali atone hanno in genere una lunghezza indefinita (non discriminante), e talvolta si perde la differenza fra vocale aperta e chiusa, ovvero l'apertura non è più discriminante. Si noti che in italiano e ed o atone sono sempre chiuse. Per questo penso che si potrebbero lasciare le vocali atone senza accenti e senza indicazione di apertura, come in italiano: a, e, i, o, u.--Tèstaquêdra 12:29, 26 October 2006
- (ARS) Il citato Ferrari-Serra tratta le vocali lunghe finali E ed O in modo differente da quelle intermedie, raddoppiandole; quindi impalèe (impettito) per impalê, pée (piedi) per pē ed incóo (oggi) per incō. (Non conosco esempi per òo=ô finale). Io trovo che sarebbe più intuitivo e facile per un lettore trattare le vocali indipendentemente dalla loro posizione.--Tèstaquêdra 21:12, 25 October 2006 -- (MUD) Concordo, Piffy 17:56, 26 October 2006
- (MUD) La a intermedia è un suono che oscilla tra la a e la e, simile alla a inglese di "fat". A seconda della persona e della sua posizione geografica, tende a diventare una a, una e o una a particolarmente accentuata (verso Finale/Mirandola).
- (BLG) In bolognese esiste un'ulteriore vocale, notata con å, che in città si pronuncia ormai come una vera e propria a, mentre in provincia continua ancora ad essere intermedia fra a ed o. Sempre in Bologna città, si tende a confondere än con ån. Le vocali å ed ä sono sempre toniche, eccetto pochi casi di parole senza accento, per cui il segno diacritico implica sia l'apertura che la tonicità. Tratto dal sit bulgnais. --Tèstaquêdra 23:07, 28 October 2006
- (BLG) In bolognese non esistono e ed o toniche aperte e brevi. Il dizionario Vitali-Lepri sceglie, per parole straniere, ä per il primo caso ed ò per il secondo caso, raddoppiando, terribilmente, la consonante successiva per indicare la brevità (spòrrt per sport!). In bolognese cittadino, inoltre, non esistono i ed u accentate brevi. Infine, la o aperta lunga è talvolta pronunciata semiaperta (?). Tratto dal sit bulgnais. --Tèstaquêdra 23:07, 28 October 2006
Dittonghi
modifica- Osservazioni sparse (specificare bene a quale dialetto ci si riferisce)
- I dittonghi possono essere indicati semplicemente con la giustapposizione delle due vocali. Non vedo eccezioni a ciò, ma non conosco tutti i dialetti della regione.--Tèstaquêdra 13:12, 26 October 2006
- (ARS) In vernacolo reggiano, il dittongo tonico /ˈɔu/ è talvolta pronunciato semplicemente /ˈoː/. Entrambi sono da considerarsi validi, rispecchiano solo pronunzie di zone diverse della provincia. Quindi, si potrebbe accettare sia alōra (Reggio città) che alòura (montagna reggiana), oppure sia sōl (il sole, a Reggio) che sòul (più verso Modena, potete confermare?). --Tèstaquêdra 13:12, 26 October 2006
Più che confermare smentisco... Mai sentito dire sòul né a Modena né verso Carpi... È una peculiarità del reggiano, insieme a véra --> vèira --Ottaviano II 10:15, 5 Avrîl 2007 (UTC)
- (ARS) In reggiano, come confermato dal Ferrari-Serra, i dittonghi ua, ue, ui e uo sono foneticamente assimilabili a va, ve, vi e vo, come in stàtua/stàtva, e dunque anche stàtva (che, per la verità, è la forma meno italianizzata) è accettabile. La versione semivocalica è particolarmente preferita se il gruppo è preceduto da g (come in guéndel / gvéndel, che significa guindolo, arcolaio) o da q, dove si ha anche trasformazione della q in c (come in quèl / cvèl , che significa 'qualche cosa' = quod velles, cavelle). Io personalmente preferisco le seconde forme.--Tèstaquêdra 13:12, 26 October 2006
- (BLG) In bolognese esiste il gruppo ṉn (n velare + n alveolare), come in galéṉna (gallina). In città si trovano le terminazioni femminili -énna, -ånna e -ónna, mentre nella campagna occidentale bolognese (quindi, verso Modena e Reggio) queste sequenze diventano dei dittonghi + na, per esempio mulséina (morbida), sfrunblåuna (girovaga), lóuna (luna). In alcune varianti ciò avviene anche al maschile. Il gruppo ṉn non esiste in reggiano, dove si trova sempre il dittongo, al maschile ed al femminile: galèina, mulzèina, sfrumblòuna, luna (óu --> û).--Tèstaquêdra 17:09, 1 November 2006 (UTC)
Consonanti
modifica- Osservazioni sparse (specificare bene a quale dialetto ci si riferisce)
- La maggior parte delle consonanti sono pronunciate esattamente come in italiano, per cui non v'è necessità di usare segni particolari. Queste consonanti sono: b, d, f, l, m, n, p, r, t, v, q. La h "muta", come in hanno, non si usa mai.
- Nei dialetti del Nord (cioe' sopra lo spartiacque appennico, quindi dialetti gallo italici o romanzi occidentali) non vi sono consonanti geminate (cioe' doppie). Raddoppiamento Sintattico in Italian: A Synchronic and Diachronic Cross-Dialectical Study (Outstanding Dissertations in Linguistics), Doris Angel Borrelli. Questo vale in particolare per Lombardia, Veneto, Liguria ed Emilia
- (ARS) In vernacolo reggiano non esistono consonanti geminate (doppie). Alcuni autori tendono ad usarle per ragioni etimologiche o presunte tali, come il Davoli che scrive sgnazzèdi invece di sgnasêdi, pensando all'italiano s(ghi)gnazzate. Il Ferrari-Serra riconosce questo problema e correttamente eliminate tutte le consonanti doppie dal vocabolario. A mio avviso, lasciare le doppie può solo confondere il lettore di fuori regione su come effettivamente si debba pronunciare; questo perché, mentre in italiano esistono veramente suoni doppi, come in zucchero /'ʣukkerɔ/, in reggiano l'esito è sempre l'accorciamento della vocale precedente, come in sócher /'sŏker/.--Tèstaquêdra 14:45, 26 October 2006
- (BLG) Il sit bulgnais conferma che dopo vocale breve si ha sempre consonante lunga, dopo vocale lunga si ha sempre consonante breve: sacc, sâc “secco, sacco”. È questa solo una conferma di quello che stavo dicendo prima, o significa che in bolognese esistono vere consonanti geminate?--Tèstaquêdra 17:09, 1 November 2006 (UTC)
- (ARS) Il Ferrari-Serra conserva le doppie in fine di parola. Per lo stesso motivo di prima, io sarei per togliere anche queste, in quanto, in alcuni casi, addirittura impronunciabili. Si pensi alle occlusive, come in coppo (tegola), dove la doppia italiana è realizzata allungando l'occlusione; in reggiano, cosa dovrebbe corrispondere a còpp? dal momento che non vi è un'altra vocale per misurare il tempo dell'occlusione, questa parola è irrealizzabile. Sarei dunque per scrivere còp, che corrisponde a come effettivamente quella parola si pronuncia.--Tèstaquêdra 14:45, 26 October 2006
- (ARS) Al contrario dell'italiano, dove si può dire casa /kaza/ a Milano e casa /kasa/ a Firenze senza fraintendimenti, le esse sonore e sorde in reggiano sono discriminanti, come in mès /mɛs/ = messo, messaggero e in mèṣ /mɛz/ = mezzo. Quindi è necessario usare due segni grafici diversi. Per alcuni dialetti questo problema sorge non solo per le alveolari fricative, ma anche per la lettera z (le alveolari affricate /ʦ/ e /ʣ/). --Tèstaquêdra 17:28, 26 October 2006
- (ARS) Il Ferrari-Serra sembra ritenere importante una distinzione fra ṣ e z (come in arzân invece di arsân). Ma a me sembra che nel volgare reggiano cittadino "moderno" il suono /ʣ/ non esista proprio, l'affricata si riduce sempre alla fricativa (o è solo una questione di zona?). Da qui la tentazione di usare il segno z per indicare /z/ e non /ʣ/ o /ʦ/, ma credo che questo confligga con la gamma fonetica di altri dialetti.--Tèstaquêdra 17:28, 26 October 2006
- (ARS,MUD) In italiano le lettere c e g in seno ad una parola possono avere sia il suono duro /k/,/g/ (davanti ad [aiu] o consonante) che quello dolce /ʧ/,/ʤ/ (davanti a [eo]); per rendere il suono duro nel secondo caso si introduce una h senza valore fonetico. La grafia del reggiano segue la stessa regola, ma c e g si possono trovare anche in fine di parola, nel qual caso l'assenza della h indica il suono dolce; si noti che questa convenzione il contrario di quella adottata in una lingua molto simile, l'occitano, la cui grafia deriva dal francese; nel modenese è valida anche un apostrofo finale per indicare il suono dolce (indica la perdita della i).--Tèstaquêdra 17:28, 26 October 2006
- (ARS, MUD) In reggiano e modenese, il gruppo gn rende sempre il suono /ɲ/, mai il suono /gn/, come può accadere in italiano in parole di origine straniera (gnosis). Al contrario dell'italiano, esiste in questi idiomi un suono /sʧ/, che si rende con un'apostrofo fra s e c.--Tèstaquêdra 17:28, 26 October 2006
reggiano | trasformazione | bolognese |
---|---|---|
testòun | /tɛs't/ > /tst/ > /ʧt/ | c’tón |
diṣdèta | /diz'd/ > /dzd/ > /ʤd/ | g’détta |
disc- | /dis'k/ > /dsk/ > /ʧk/ | c’cårrer |
- (BLG) Il bolognese ammette c e g dolci davanti a consonante. Nel dizionario Lepri-Vitali tuttavia, alcune parole possono essere scritte con ts, ds e ds al posto di c e g: tstón = c’tón (testoni), dscårrer = c’cårrer (parlare), dsdétta = g’détta (sfortuna), poiché anche queste pronunce etimologiche sono ammesse. (ARS) Questo fenomeno, che passa attraverso la caduta di una vocale atona, non esiste in reggiano (vedere la tabella, dove, comunque, il verso delle frecce ovviamente non implica che il bolognese discenda dal reggiano :-) ).--Tèstaquêdra 17:09, 1 November 2006 (UTC)
- "Delle esse e delle zeta". Le esse e le zeta emiliane sono un problema. Laddove la 's' dolce non presenta troppi problemi (suono /z/) la 's' sorda, nella media degli emiliani, tende ad essere un suono intermedio tra il suono /s/ (o forse il /ʂ/?) e il /ʃ/; pertanto il suono sc dell'italiano 'sciare' non esiste (in modenese è 'sier'). Si potrebbe indicarle come /sj/? In certi casi, per esempio alla fine di una parola, si pronuncia come in italiano (es: 'nes', naso)
La z, allo stesso modo, risultaa in un suoni prolungati, intermedi tra una /ts/ e una /θ/ se sorda e una /dz/ e una /ð/ se sonora. Solo in rari casi, e solo all'inizio di una parola seguita da vocale breve, risultano come in italiano,
Segni di punteggiatura
modifica- Osservazioni sparse (specificare bene a quale dialetto ci si riferisce)
- L'apostrofo è usato come in italiano per indicare la caduta di una vocale finale di una parola quando questa si trova davanti ad un'altra parola che inizia per vocale. Esempi dal sit bulgnais: s’a l savêva, ch’al séppa, l’ôca, lî l’é. La caduta di vocali inisiali o centrali non è indicata. Per questo bisogna fare attenzione; per esempio, in reggiano di diventa ed, per cui d un dé (di un giorno) e mia d'un dé. Per lo stesso motivo direi che 'ssanta, come scritto nel Ferrari-Serra è sbagliato (e poi, direi, è caduta una vocale fra le due esse, non all'inizio).--Tèstaquêdra 14:07, 1 November 2006 (UTC)
Riassunto e proposta
modifica... questa tavola è ancora abbastanza incompleta ...
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Proposta di convenzioni di scrittura
modifica- Le lettere maiuscole non vanno mai modificate con segni diacritici (convenzione alla francese),
- In una parola indicare una sola vocale con l'accento; le vocali atone restano tali, siano esse aperte, chiuse o intermedie
- Nei titoli degli articoli wikipedia, utilizzare come voce principale la parola scritta con i segni diacritici, quindi utilizzare dei redirect con i titoli senza diacritici
Bibliografia
modifica- ↑ Gio. Battista Ferrari, Vocabolario reggiano - italiano, 2 vol., Tipografia Torreggiani e compagno, Reggio Emilia, 1832.
Ristampato da Arnaldo Forni Editore, 1 vol., Bologna, 1996. - ↑ Luigi Ferrari e Luciano Serra, Vocabolario del dialetto reggiano, edizioni Tecnograf, Reggio Emilia, 1989.
- ↑ Luigi Ferrari e Luciano Serra, Dizionario Italiano-Reggiano, con prefazione di Gino Badini, Società reggiana di studi storici, Reggio Emilia, 2006. (Stampato presso La Nuova Tipolito, Felina, RE)
- ↑ Giuseppe Davoli, Doù sgnazzèdi (e un quèlch sangiòtt), Battei, Parma, 1974. Si veda in particolare l'appendice Piccola guida alla grafia in dialetto.
- ↑ Ugo Bellocchi, Il volgare reggiano : origine e sviluppo della letteratura dialettale di Reggio Emilia e provincia, 2 vol. + 1 vol. con cinque dischi, Poligrafici, Reggio Emilia, 1966. Si veda anche Ugo Bellocchi, Il volgare reggiano. Alle soglie del terzo millennio, 319p. + 2CD, edizioni Tecnograf, Albinea (RE), 1999.
- ↑ Pietro Mainoldi, Manuale dell’odierno dialetto bolognese. Suoni e segni, Grammatica - Vocabolario, Mareggiani, Bologna, 1950.
- ↑ Pietro Mainoldi, Vocabolario del dialetto bolognese, Forni, Bologna, (ristampa anastatica dell’edizione di Bologna del 1967).
- ↑ Carolina Coronedi Berti, Vocabolario bolognese italiano, Forni, Bologna, 1985
(2 volumi, ristampa anastatica dell’edizione di Bologna, Tipografia G. Monti, 1869-1874). - ↑ Gaspare Ungarelli, Vocabolario del dialetto bolognese, Zamorani e Albertazzi, Bologna, 1901.
- ↑ Luciano Canepari e Daniele Vitali, Pronuncia e grafia del bolognese, in Rivista Italiana di Dialettologia (RID), 19, pp. 119-164, 1995.
Un riassunto dell'articolo è disponibile in rete a questo indirizzo. - ↑ Daniele Vitali e Luigi Lepri, Dizionario italiano-bolognese bolognese-italiano, seconda edizione, A. Vallardi, 2000, Milano, 570 pagine, ISBN 88-8211-491-0.
- ↑ Luigi Ferri, Vocabolario ferrarese-italiano -- compilato da Luigi Ferri sullo studio accurato del Dizionario ferrarese di Carlo Azzi e di quelli italiani ..., Tipografia Sociale, Ferrara, 1889. Ristampato anastat. da Arnaldo Forni Editore, Bologna, 1978, e da Edizioni d'Arte M.G., Collezioni locali, Ferrara, 1986.
- ↑ Ernesto Maranesi, coadiuvato per il riscontro della lingua parlata fiorentina dal prof. Pietro Papini, Vocabolario modenese-italiano, Società Tipografica - Antica tipografia Soliani, Modena, 1893 (preceduto da Ernesto Maranesi, Piccolo vocabolario del dialetto modenese colla voce corrispondente italiana, Tip. dell'Imm. Concezione, Modena, 1869), ristampato da Forni editore, Bologna, 1967, da OMNIA, Modena, 1982 e da Mucchi editore (già Soliani), 1997.
- ↑ Attilio Neri, Vocabolario del dialetto modenese, Arnaldo Forni Editore, 1981.
- ↑ Sandro Bellei, A m'arcòrd -- dizionario enciclopedico del dialetto modenese, Collezioni Modenesi, 1999
- ↑ Carlo Malaspina, Vocabolario Parmigiano-Italiano, in quattro volumi, Parma, 1856-59. Ristampato da Arnaldo Forni Editore, Bologna.
- ↑ Carlo Pariset, Vocabolario Parmigiano-Italiano, Ferrari e Pellegrini, Parma, 1885.
- ↑ Guglielmo Capacchi, Dizionario Italiano-Parmigiano, in due volumi, Artegrafica Silva, Parma, 1991-1992.
- ↑ Lorenzo Foresti, Vocabolario Piacentino-Italiano, III edizione, a cura di Giovanni Bianchi, tipografia Solari, Piacenza, 1882. Precedentemente edito da F.lli Del Majno Tipografi, Piacenza, 1836-1842 (con supplemento). Ristampato da Arnaldo Forni Editore, Bologna, 1981.
- ↑ Antonio Mattioli, Vocabolario romagnolo-italiano, Tip. Galeati, Imola, 1879.
- ↑ Antonio Morri, Vocabolario romagnolo-italiano, Tip. Conti, Faenza, 1840.
- ↑ Gianni Quondamatteo, Dizionario romagnolo (ragionato), in due volumi, ed. Tipolito "La pieve", Villa Verucchio (FO), 1983.
- ↑ Libero Ercolani, Vocabolario Romagnolo-Italiano Italiano-Romagnolo, Edizioni del Girasole, Ravenna, 1971. Ed ancora, dello stesso autore, Nuovo Vocabolario Romagnolo-Italiano Italiano-Romagnolo, Edizioni del Girasole, Ravenna, 1994.
- ↑ Manlio Cortellazzo e Carla Marcato, "Dizionario etimologico dei dialetti italiani", Unione Tipografico-Editrice Torinese (UTET), Torino, 1998