Zirudèla: differenze tra le versioni

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==Uréggin d'la parola==
An s è brîsa sicûra däli uréggin d'la parola. Al musicôlog [[Francesco Balilla Pratella]] al cradd che äli uréggin d'la zirudèla ai sien i componimént zircolèr d'la famàjja däl rotae, dî rondî e dî rondò dal Mediuêv, chi éren sunè cun l'organistrum, chi dénn urézzin a la [[ghirånda]]. As truvän davänti a un quèl lighè a däl sinfunî antîghi ch'l arcorden da cla vî o da cl ètra la zircolaritè.
 
== Al zirudèl piò famåusi ==
La zirudèla piò famåusa l'è “Al fatâz di Zardén Margarétta”, cgnossò anch cme “La Flèvia” (al nomm d'la protagunéssta, un componimänt spént ch'l è passè par dî ân ed man.
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Qual’èfars la zirudella più famosa? Sicuramente è “Al fatâz di Zardén Margarétta” (il fattaccio dei giardini Margherita), noto anche come “La Flèvia” (la Flavia, dal nome della protagonista), un componimento scopertamentesscopertamente osceno che per decenni passò da mano a mano, segretamente e in fogli dattiloscritti, con qualche lieve variante fra una versione e l’altra, e che fin dal suo apparire non recò mai il nome dell’autore. In realtà qualcuno riconobbe lo stile di Cesare Pezzoli, giornalista e creatore di tante godibili figurine che conobbero non effimera fama nella trasmissione RAI “Ehi, ch’al scûsa” (divenuta poi “Al Pavajån” fino alla soppressione). L’autore prese spunto da un presunto tentativo di stupro avvenuto a Bologna ai danni di tale Flavia Saguatti, per opera di un certo Vittorio Scarabelli. La cosa ebbe uno strascico giudiziario, puntualmente riportato dal Carlino e a Pezzoli non parve vero raccontare il fatto in una zirudella che, per crudezza di termini ed esemplare stesura, non è seconda a nessuna (6).
rondelli e dei rondò medievali che venivano suonati con l’organistrum (4), da cui poi sarebbe derivata la ghironda. Ci troviamo quindi di fronte ad un qualcosa legato a tali antichi motivi che richiamano in qualche modo la circolarità e tale ipotesi è accettata anche dall’Ungarelli che esemplifica così la metamorfosi del nome: gironda (ghironda), girondella, zirondella, zirodella, zirudèla (5).
 
Personalmente, però, mi convince maggiormente una seconda ipotesi: i più antichi autori non scrivevano zirudèla o zirudella bensì Zè Rudella (Zia Rotella o Signora Rotella), con chiaro riferimento alla ruota della ghironda, strumento con cui si accompagnavano questi rimatori estemporanei. Era una specie di invocazione all’anima dello strumento, appunto quella ruota di legno che, azionata da una manovella, produce il suono mediante lo sfregamento delle corde, come avviene con l’archetto del violino. Non a caso la parola zirudèla è - sempre - la prima e l’ultima del componimento. Come anche quel Tòc e dâi o Tícc e tacc altro non sarebbe che la fonetizzazione onomatopeica del suono della ghironda, che i suonatori provetti ottengono agendo a scatti regolari sulla manovella. Una curiosità: la particolare corda che produce questo ritmico suono ronzante, è detta “mouche” (mosca).
 
Qual’è la zirudella più famosa? Sicuramente è “Al fatâz di Zardén Margarétta” (il fattaccio dei giardini Margherita), noto anche come “La Flèvia” (la Flavia, dal nome della protagonista), un componimento scopertamente osceno che per decenni passò da mano a mano, segretamente e in fogli dattiloscritti, con qualche lieve variante fra una versione e l’altra, e che fin dal suo apparire non recò mai il nome dell’autore. In realtà qualcuno riconobbe lo stile di Cesare Pezzoli, giornalista e creatore di tante godibili figurine che conobbero non effimera fama nella trasmissione RAI “Ehi, ch’al scûsa” (divenuta poi “Al Pavajån” fino alla soppressione). L’autore prese spunto da un presunto tentativo di stupro avvenuto a Bologna ai danni di tale Flavia Saguatti, per opera di un certo Vittorio Scarabelli. La cosa ebbe uno strascico giudiziario, puntualmente riportato dal Carlino e a Pezzoli non parve vero raccontare il fatto in una zirudella che, per crudezza di termini ed esemplare stesura, non è seconda a nessuna (6).
 
Esistono ancora zirudellai? Eccome! Dal 1990, con cadenza annuale, nell’àmbito della festa de l’Unità di Budrio, curo personalmente un concorso provinciale di poesie e zirudelle in dialetto e posso garantire che la razza non è in via di estinzione. Nell’edizione del 1996, l’ambìta “Ucarîna d ôr” fu assegnata postuma al compianto dott. Ettore Poma di Mezzolara che vinse con una zirudella in cui spiegava... come si scrive una zirudella! I zirudellai di oggi si chiamano Gigén Lîvra (Luigi Lepri), Mario Mandreoli detto Pastràn, Gianni Pallotti (vincitore dell’ultima edizione del concorso di cui sopra), Guido Zamboni, Sergio Vecchietti, Tiziano Casella, Sandro Sermenghi e tanti altri tra i quali anche il sottoscritto.
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[[it:Zirudella]]
 
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